Qualche giorno fa ho ricevuto una copia di un romanzo breve che ho amato molto. Arena, di Francesca Tassini, pubblicato da Zona42.
E’ il tipo di storie che piacciono a me, quelle che vanno al di là delle etichette di genere letterario. Non c’è solo l’orrore nell’arena della Tassini, ma anche mistery e weird.
Anubi
Tutto comincia all’interno dell’Arena, un antico teatro romano presso cui dovrà essere allestito un grande spettacolo dal titolo “Anubis il Re”, dedicato appunto al Dio Egizio. Protagonista della vicenda è Sputo, un facchino che, insieme alla squadra di cui fa parte, deve darsi subito da fare con l’allestimento tecnico per non perdere il guadagno della commessa. Nota stonante della situazione, è una presenza che non avrebbe dovuto trovarsi lì: Rachele, stagista, una donna. Additata subito come portatrice di sventura dai facchini, Rachele sembra essere la causa di tutte le stranezze e le sfortune che si verificano nel giro di poche ore, tra cui condizioni meteo talmente avverse che paralizzano il mondo fuori isolando loro all’interno dell’arena.
Le donne nei cantieri portano male
Rachele, presa di mira da tutti, tranne che da Sputo, è l’unica che può lavorare in altezza al di sopra del palco, retta nel vuoto dall’attrezzatura che misteriosamente scompare. Decide di salire comunque, non ci sta a farsi sminuire da un branco di uomini sessisti e superstiziosi i quali non fanno altro che additarla come portatrice di sfortuna. Sputo la osserva sospesa sopra le loro teste per un attimo e, quello subito dopo, la guarda precipitare e schiantarsi al suolo. Da questo momento sarà lui a tenere in mano il filo di un’umanità che sembra sfilacciarsi col passare delle ore che mutano in giorni. Una pioggia distruttiva che allaga l’arena, stringe Sputo e i suoi colleghi in una sorta di trabocchetto, come quelli all’interno delle piramidi senza alcuno scopo apparente se non quello di disumanizzarli o di far venire a galla il male che sguazza nelle profondità dei loro animi.
Dal buco della papalea esce un suono vago, armonioso. Avvicino un occhio ma non vedo niente, buio e fondo com’è. Un refolo d’aria mi soffia sulla retina.
Nei meandri dell’arena, Sputo si troverà di fronte a due passaggi da poter percorrere e potrà sceglierne solo uno. Quello facile, quello in cui l’umanità e le responsabilità vengono pervertite in favore del proprio utile assecondando i propri bisogni; oppure quello “sbagliato”, quello obliquo, strano, illuminato da un chiarore anomalo e abitato da strani pesci, strani insetti… Sputo scoprirà che l’arena è un luogo dove tutto torna a galla, non solo i corpi, ma anche i conti in sospeso, i traumi e le ferite dell’anima.
Dal corridoio giunge un suono soffice e lontano. Le papalee stanno arrivando. Si riversano nella saletta con traiettorie sgraziate. Più che volare, sembra stiano precipitando da un’altezza orizzontale che le ha private di orientamento.
Duat. Ovvero l’oltretomba…
Lo stile di Francesca Tassini è onirico, lavorato e affascinante. I titoli dei capitoli sono il dettaglio creepy che arricchisce di cura la storia, in quanto hanno il nome di divinità e concetti della mitologia egizia con lo scopo di rispecchiare ciò che accade nel corso dei singoli capitoli. L’autrice è bravissima a trasportarci non solo con la mente ma anche con il corpo, in un mondo fatto completamente di senso che è quello del soprannaturale e dell’intangibile. I colori, la luce e gli animaletti che popolano l’oscurità dell’arena, ti solleticano con le loro piume, ti indicano la via con le loro antenne, ti grattano la mente con le loro zampette.
Se cercate una lettura intrisa di mistery, simbologia arcaica e, suuuuuuuuper creepy, Arena è il libro che fa per voi.
Grazie ancora a Francesca Tassini e Zona42 per la copia che mi hanno regalato, è stato un meraviglioso viaggio nell’oscurità dorata…
